L’autunno milanese si apre con un appuntamento ormai atteso da professionisti e curiosi: Open Air Design, che dal 18 al 21 settembre torna alla Biblioteca degli Alberi Milano (BAM) con la sua quinta edizione. Una manifestazione che, fin dalla sua nascita, ha scelto di uscire dai confini canonici degli showroom e dei musei per portare il design in uno spazio aperto, libero e condiviso. Quest’anno il tema, Frames of Nature, invita a riflettere sul dialogo tra natura, design e cinema, con l’intento di proporre nuove prospettive sull’abitare contemporaneo e sulla rigenerazione urbana.
Un festival a cielo aperto
Nata dall’intuizione di Alida Catella (COIMA Image) e Caterina Mosca (MoscaPartners), la rassegna è diventata un momento di incontro in cui il design si fa accessibile a un pubblico trasversale, superando le barriere tradizionali che spesso lo confinano a un’élite di esperti. La scelta di BAM come cornice non è casuale: il parco, con la sua natura stratificata e la sua centralità urbana, diventa metafora e palcoscenico di un progetto che celebra la contaminazione tra discipline e linguaggi.
In questo contesto, le installazioni site specific realizzate da dodici protagonisti del design italiano e internazionale – tra cui Artemide, Kartell, Gessi, Poliform, Antonio Marras + Nodo Italia – trasformano lo spazio in un laboratorio a cielo aperto, dove il visitatore può muoversi liberamente tra scultura, architettura e paesaggio. Ogni intervento è pensato come un frame, un’immagine che incornicia e ridefinisce la percezione della natura urbana. La materia si intreccia con l’ambiente circostante, offrendo al pubblico esperienze immersive capaci di evocare nuove possibilità di convivenza tra uomo e paesaggio.

Design e cinema: una conversazione inedita
Uno degli elementi distintivi di questa edizione è l’attenzione al cinema, affidata alla curatela di Muse Factory of Projects, che ha selezionato una serie di documentari italiani e internazionali dedicati al rapporto tra progettazione e natura. Il cinema, con la sua capacità di raccontare storie e dare voce a visioni complesse, diventa così strumento critico e poetico al tempo stesso.
Tra i titoli proposti, spicca “Architecton” di Victor Kossakovsky, che riflette sul significato dell’architettura oggi, tra responsabilità ambientale e ricerca estetica. Altro momento di rilievo è la proiezione di “E1027 Eileen Gray and the House by the Sea” di Beatrice Minger e Christoph Schaub, un viaggio nella leggendaria casa di Eileen Gray, luogo di libertà creativa e, al contempo, teatro di conflitti intellettuali con Le Corbusier. Infine, “We The Others” di Maria Cristina Didero e Francesca Molteni offre un ritratto intimo dei fratelli Campana, esplorando il loro modo unico di fondere arte, design e natura in oltre quarant’anni di lavoro condiviso.
Queste proiezioni non sono pensate come momenti isolati, ma come occasioni di dialogo. Registi, curatori e aziende protagoniste si incontrano con il pubblico per dare vita a conversazioni che superano i confini delle singole discipline. Il cinema diventa così il tramite per una riflessione collettiva sul senso del progetto, sulle responsabilità di chi crea e sulle possibilità di immaginare futuri sostenibili.

Un linguaggio visivo che lascia il segno
Ogni festival ha bisogno di una voce grafica che ne racconti l’identità. Quest’anno la scelta è caduta su Sara Mazzetti, illustratrice di fama internazionale, pubblicata da testate come The New York Times, The New Yorker, Die Zeit, Vanity Fair e Wired. Per Open Air Design ha concepito un’immagine dal carattere deciso, vicina al linguaggio del poster: linee nette, colori saturi e contrasti forti che si impongono allo sguardo, evocando l’energia vitale di un evento collettivo e inclusivo.
La sua illustrazione non è soltanto un esercizio estetico, ma diventa parte integrante del racconto: un segno che sintetizza lo spirito della rassegna, capace di parlare a pubblici differenti e di restituire visivamente la forza di un progetto che mette al centro la comunità. Il disegno diventa manifesto di una filosofia che vuole il design aperto, democratico e accessibile, in dialogo costante con la natura e con le persone che la abitano.
In questo intreccio tra installazioni, cinema e grafica, Open Air Design conferma la sua vocazione a essere molto più di un semplice evento: un’esperienza che invita a guardare alla città con occhi nuovi, a riconoscere il valore della progettazione condivisa e a immaginare scenari in cui creatività e sostenibilità si fondono in un paesaggio comune.
